In tema di responsabilità per attività sanitaria, l’accertamento del nesso causale è improntato al criterio giuridico del “più probabile che non’, il quale impone al giudice di dare prevalenza alla spiegazione causale che si presenta come più probabile, tenuto conto della comparazione tra le diverse spiegazioni alternative, attenendosi nella valutazione ad un concetto di probabilità non necessariamente statistico, bensì logico, tale per cui, nella comparazione tra due o più possibili spiegazioni di un evento, una di esse prevale sulle altre in ragione dei suoi riscontri probatori o della sua coerenza intrinseca o di altro criterio di giudizio valido a sorreggere la decisione.
Tale è l’orientamento emerso dalla Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25805 del 26/09/2024.
Il caso di specie riguarda un paziente che, sottopostosi ad un intervento di biopsia diagnostica prostatica, aveva subito una lesione emorragica cagionata, a detta di parte ricorrente, da un’errata manovra chirurgica, alla quale i medici intervenuti hanno poi cercato di porre rimedio aggravandone tuttavia le conseguenze, mediante una “esuberante’ trasfusione eseguita nello stesso giorno che ha costretto il paziente ad un ricovero di 30 giorni presso il medesimo ospedale con susseguente trasferimento presso il centro di lunga degenza (Casa di Cura), ove le condizioni sono peggiorate sino a condurre al decesso.
Gli eredi del deceduto promuovono causa avverso la Regione Emilia-Romagna, la Ausl di competenza e la Casa di Cura ravvisando nella condotta di ciascuna di tali parti la causa del decesso. In primo grado il Tribunale di Bologna (previa CTU) aveva ritenuto che ciascuna delle convenute avesse contribuito all’evento finale riconoscendo così sia il danno iure proprio per la perdita del rapporto parentale che il danno iure hereditatis. In secondo grado la Corte di Appello del capoluogo felsineo riforma parzialmente la prima decisione di merito accogliendo gli appelli incidentali delle convenute e rigettando l’appello principale degli eredi, i quali lamentavano un risarcimento inferiore a quello inizialmente preteso.
I giudici d’appello hanno sì ritenuto la colpa dei sanitari della Ausl intervenuti nella biopsia e successivamente dopo, sia nel non aver tenuto conto della cardiopatia di cui soffriva il paziente, sia nell’avergli procurato l’emorragia durante l’intervento, sia infine per avere praticato due emotrasfusioni successive che si sono dimostrate invece pregiudizievoli. Ma hanno al contempo escluso che tali condotte abbiano potuto contribuire a causare la morte, ravvisandole solo come cagionevoli di una invalidità temporanea risarcibile in circa 4.000 euro.
Per quanto riguarda invece i sanitari della Casa di Cura i giudici altresì escludono che l’atteggiamento attendista dei primi possa aver inciso sulla morte del paziente trincerandosi dietro la consulenza del CTU, il quale aveva stimato che se “costoro avessero tenuto un approccio più attento ed attivo avrebbero evitato l’evento con un grado di probabilità medio alto’. E secondo i giudici di secondo grado la “probabilità medio alta’ non soddisfa per nulla il criterio del “più probabile che non’.
I supremi giudici provvedono a smontare l’impianto della Corte d’Appello. In primis il CTU aveva indicato come causa della morte la condotta dei sanitari intervenuti nella prima e nella seconda fase, consentendo così al danneggiato di assolvere l’onus probandi, spettando invece alla controparte provare la causa ignota del decesso. I giudici di merito si sono discostati palesemente dalla consulenza tecnica senza dare ragione di tale decisione denotando un evidente difetto di motivazione.
Nella motivazione dei giudicanti bolognesi “(…) manca del tutto la spiegazione del nesso causale, ossia l’indicazione l’indicazione della ragione per la quale quell’errore (manovra chirurgica errata) non può essere stato causa della morte, avvenuta da lì a pochi giorni, mentre sarebbe stato causa della sola invalidità temporanea (…)”. Il secondo motivo concerne il nesso di causalità tra la condotta dei medici della Casa di Cura e la morte del paziente. Il CTU nella sentenza di primo grado aveva ritenuto che, se i medici della casa di cura si fossero attivati, il paziente sarebbe sopravvissuto molto probabilmente, indicando questa probabilità come di “grado medio-alto sul piano statistico”. L’errore dei giudici di secondo grado, secondo gli Ermellini di Piazza Cavour, è stato quello di equiparare il “medio-alto’ con il “più probabile che no’.
Ritenendo di aver fatto buon uso di quest’ultimo concetto i giudici felsinei si sono limitati a qualificare la probabilità sulla antedetta locuzione “grado medio sul piano statistico’, quando in realtà il CTU stava solo comparando le varie cause tra di loro. Difatti il consulente tecnico aveva affermato che l’emorragia provocata durante la biopsia era da intendersi causa altamente probabile della morte (se non si fosse procurata l’emorragia, il paziente avrebbe avuto alte probabilità di sopravvivenza); mentre aveva indicato l’altra causa, vale a dire la “inerzia dei sanitari della casa di cura”, come una probabilità di grado medio.
La Suprema Corte ha infine censurato il rigetto da parte della Corte di Appello del risarcimento dei danni da mancata informazione, vale a dire da elusione del consenso informato. I giudici di secondo grado avevano obiettato che, pur essendo stata l’informazione incompleta, il paziente non aveva dimostrato che cosa avrebbe deciso se l’avesse ricevuta in modo completo, ossia non aveva dimostrato che avrebbe agito diversamente o che avrebbe rifiutato l’intervento.
I ricorrenti, oltre ad aver chiesto in precedenza una prova testimoniale volta a dimostrare che il de cuius avrebbe evitato l’intervento se gli avessero prospettato correttamente i rischi cui andava incontro, affermano che, come emerso dalla CTU, l’intervento non era assolutamente necessario trattandosi di un adenocarcinoma prostatico circoscritto e con basso grado di malignità.
Da cui discende che il paziente non deve necessariamente dimostrare che avrebbe rifiutato il trattamento in caso di esaustiva informazione.
Enrico Andreoli
12 novembre 2025




